*
Via Magenta n° 13 - 00185 Roma ( 06/4456789 F.S.
970/22799–66894 Fax: 06/44104333 F.S. 970/24333
Organizzazione
Sindacati Autonomi e di base Settore ferrovie FISAFS - COMU - UCS - SAPEC- SAPENT* E-MAIL: FISAFS@MCLINK.IT + www.cuneo.net/fisafsRoma, 11 gennaio 2000
Ora, al fine di esplicitare più compiutamente il quadro, riteniamo utile ripercorrere, brevemente, a ritroso l’iter compiuto, con senso critico e con la consapevolezza propria di chi ha intrapreso una giusta vertenza ed intende, confidando nell’altrui senso di responsabilità, ricorrere all’ “arma” dello sciopero come estrema ratio. La vertenza, in un primo momento aveva visto tutte le OO.SS., operanti nelle F.S., noi compresi, unite nella presentazione di un documento congiunto che sanciva, quale elemento caratterizzante, la condivisione dell’esigenza di una efficace clausola sociale che fungesse da regolatrice per le imprese esercenti il trasporto ferroviario, in particolare sotto il profilo del contratto di lavoro, analogamente a quanto previsto nel trasporto locale dalla vigente normativa. Tale obiettivo si era ritenuto prioritario proprio per evitare fenomeni di dumping analoghi a quelli che oggi si stanno verificando in altri settori soggetti a processi di privatizzazione e che tante difficoltà nel mondo del lavoro hanno provocato e continuano a creare. Occorreva dunque un nuovo patto per le ferrovie che da un lato garantisse i lavoratori e dall’altro che questi s’impegnassero, in un clima di certezze e tutele, in un’azione di risanamento condiviso, in un quadro di rinnovati obiettivi ed impegni per l’Impresa e per lo stesso Governo non solo sul versante degli investimenti, ma anche sul versante dei livelli occupazionali (atteso che nel periodo di vigenza contrattuale non sarebbero intervenute, poiché non previste, significative innovazioni tecnologiche). Tale era l’unica premessa possibile e necessaria per poter richiedere ed ottenere un maggior impegno da parte del lavoro. Questo non si è invece realizzato; infatti nel corso della riunione del 17 novembre esprimemmo con chiarezza il nostro punto di vista, e, pur tuttavia, nel conseguente accordo del successivo 23, è mancata quell’efficace clausola sociale in tal senso e tale circostanza è risultata per di più aggravata dal fatto che il contratto prefigurato, essendo un fittizio “contratto di sistema”, si è dimostrato in verità uno strumento per disarticolare surrettiziamente il contratto aziendale in vigore senza offrire alcuna protezione ai lavoratori. Lo scenario all’orizzonte appare in tal modo quello che offre alla categoria dei ferrovieri un contratto collettivo di lavoro di I livello (di settore) più basso nelle retribuzioni e più alto nelle flessibilità senza alcuna garanzia nel contratto di II livello (aziendale). Infatti le norme di raccordo tra il nuovo contratto di primo livello e quello di secondo, che, si afferma, dovrebbero garantire i trattamenti in godimento ai ferrovieri in servizio attraverso il nuovo istituto dell’E.R.I. (Elemento Retributivo Individuale), offrono una “tutela” parziale e non efficace. Lo stesso E.R.I infatti viene riconosciuto soltanto per la vigenza contrattuale e non è automaticamente destinato ad operare nel caso di trasferimento, totale o parziale, dell’azienda ex art. 2112 c.c. In tale ipotesi, il nuovo datore di lavoro (o uno creato ad hoc) subentrante potrebbe non aver l’obbligo di applicare il contratto aziendale del cedente ma quello di sua scelta, che potrebbe (anzi è probabile) identificarsi con il nuovo contratto nazionale delle attività ferroviarie, determinando così la paradossale conseguenza per cui il contratto di primo livello risulterebbe il mezzo per negare pezzi significativi di retribuzione attualmente percepita dai lavoratori quale, è opportuno ribadirlo, salario fisso: parte dello stipendio base, classi e scatti, EDR. Non solo; tutti i trattamenti affidati, nella fase di prima applicazione, alla trattativa di II livello (aziendale), nella ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda, potrebbero essere posti in discussione persino durante la vigenza contrattuale e quindi ancor prima del 2003. Appare subito evidente come, in uno scenario che si muove in una logica di privatizzazione e societarizzazione, tale ipotesi sia tutt’altro che peregrina e la nostra preoccupazione tutt’altro che destituita di fondamento. D’altra parte le notizie stampa (e soltanto quelle), secondo le quali la garanzia dell’E.R.I. trarrebbe origine dal trasferimento patrimoniale da F.S. al Tesoro, ne appaiono l’inoppugnabile conferma; così come ne sono testimonianza le dichiarazioni del Presidente della F.S. s.p.a. al quotidiano “Il sole 24 ore” del 26/11/99. Il Presidente infatti con un’interpretazione, possiamo immaginare,”di parte” dell’accordo, ma proprio per questo importante, considera l’E.R.I. garantito soltanto fino al 2003 e lo quantifica in circa 1000 miliardi l’anno, illustrando in tal modo la dimensione corposa dell’istituto e, per quanto ci riguarda, la gravità (anche in termini quantitativi) del pericolo che corre parte della retribuzione, attualmente in godimento, dei ferrovieri. Al di là di ulteriori considerazioni sull’accordo, intendiamo ribadire che gli aspetti appena accennati, assumono per la scrivente O.S. carattere assolutamente dirimente e preliminare alla firma di qualsivoglia accordo; tanto più un accordo, come quello del 23 novembre u.s., il quale non solo non garantisce alcunché, ma lascia per di più ipotizzare uno scenario in cui il sacrificio, richiesto in termini di intervento sul costo del lavoro, va ben oltre quel 18-20% valutato dal Governo con la promessa di non pregiudicare i livelli di reddito. Nello stesso accordo, infatti, non figura alcun cenno circa l’incidenza, sull’obiettivo di recupero (18-20%), dell’incremento pari all’inflazione programmata secondo la previsione dell’accordo interconfederale del 23 luglio; tale incremento, non previsto per la categoria dei ferrovieri, non è neanche conteggiato nel recupero. Infine, senza voler rimarcare in questa sede il nostro disappunto per il metodo adottato che ha visto i (tre) sindacati sottoscrittori protagonisti di trattative segrete, preliminari alla stesura dell’accordo, peraltro senza la consueta approvazione di una piattaforma e conseguente mandato da parte dei delegati, e ritenendo ancora possibile correggere i gravi aspetti, di fondamentale importanza, puntualmente contestati in sede d’incontro il 17 novembre, consideriamo assolutamente indispensabile e prioritaria rispetto a qualsiasi intesa di natura contrattuale, la soluzione dei problemi sopra esposti. In conclusione, dunque, l’invocazione di provvedimenti governativi coercitivi del diritto di sciopero, esprimono l’auspicio di tacitare, ci preme sottolinearlo alla S.V., con strumenti non troppo democratici, l’unico mezzo di esternazione del nostro dissenso e di difesa delle nostre sopra esposte ragioni, peraltro mai revocate in dubbio da parte dei Ministri del Tesoro e dei Trasporti. Tale preoccupazione appare inoltre aggravata dal fatto che, nonostante le nostre insistenti richieste di sottoporre al parere referendario dei ferrovieri l’accordo stipulato il 23/11/99, le OO.SS. stipulanti lo stesso si siano opposte fermamente, impedendo in tal modo la libera espressione dell’opinione da parte dei diretti interessati dall’accordo. Appare quindi, in definitiva, ancor più evidente, da quanto fin qui esposto, come l’unico strumento per poter esprimere le ragioni del dissenso, nostro e dei lavoratori, al fine di porre rimedio ai deleteri effetti del citato accordo del 23/11, sia il ricorso ad azioni di astensione dal lavoro e dunque all’esercizio del diritto di sciopero. E’ una esigenza questa che Le rappresentiamo, quale Soggetto super
partes, garante delle Libertà costituzionali,
e che assume ancor più rilevanza
e pregnanza in questo frangente in cui, a prescindere dallo specifico
merito della vertenza F.S., si invocano provvedimenti governativi
d’urgenza che minano il diritto di sciopero e le libertà che sono alla
base di un sistema di convivenza democratica. La Segreteria GeneraleLeggi
la seconda lettera inviata
|