Convegno Nazionale sul tema “Trasporti & Logistica”

Roma – 18 Ottobre 2005 - Centro Congressi Frentani

RELAZIONE INTRODUTTIVA

del Segretario Generale dell'OR.S.A. Armando Romeo

 

In questo stesso Centro Congressi si sono svolti, nell’ottobre del 2003, i lavori del nostro Primo Incontro Pubblico e Nazionale, con interlocutori politici, sia della maggioranza che dell’opposizione parlamentare, ed esperti della materia.

Alcuni dei protagonisti di quell’incontro sono di nuovo in questa sala e li ringrazio per la loro presenza.

Così come ringrazio tutti gli altri invitati e convenuti, che potranno arricchire questo incontro con il loro prezioso contributo.

 

Ricordo che in quella fase il nostro Sindacato si opponeva tenacemente ai tentativi posti in essere dal management del gruppo ferroviario di relegarlo ad un ruolo marginale, finalizzati ad impedire che il dissenso di gran parte di lavoratori trovasse adeguata rappresentazione attraverso gli strumenti della legittima azione sindacale.

 Il contratto di lavoro non aveva infatti assolutamente tenuto in considerazione tale peculiarità e gli obiettivi strategici dello stesso gruppo delle FS SpA venivano sacrificati in nome di una generica e superficiale revisione sia delle mansioni che dell’organizzazione del lavoro.

Nè si era tenuta in alcun conto la risorsa fondamentale, per la tenuta sul mercato del trasporto ferroviario, consistente nell’alta professionalità coinvolta nel processo produttivo, nel suo utilizzo ottimale, tralasciando completamente l’analisi e la costruzione di  un percorso mirato a favorire un’attiva partecipazione dialettica dei lavoratori delle Ferrovie agli obiettivi aziendali.

 

Tutto questo in un quadro di notoria, assoluta carenza di norme per la regolamentazione omogenea dei rapporti contrattuali di lavoro nei vari settori merceologici.

 

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ed altrettanto è cambiato, anche se il nostro cammino sindacale appare sempre indirizzato su un’erta salita.

Eppure il persistente, convinto indirizzo della nostra azione è rivolto a concepire come essenziale la qualificazione professionale strettamente connessa ad una forte, concreta attenzione alla sicurezza “reale”, nella duplice accezione che abbraccia sia la circolazione e dunque il servizio reso alla collettività, sia la salute dei lavoratori, nello svolgimento delle mansioni così inscindibilmente legate al servizio ferroviario stesso.

Appare sin troppo evidente come tale esigenza non possa essere separata, neanche sotto il profilo logico, dall’interesse della collettività e si coniughi con i fini stessi dell’Azienda FS, con lo sviluppo del lavoro nell’intero sistema dei trasporti.

 

E’ in questa logica che abbiamo cercato di costruire il percorso che ci ha condotto alla sottoscrizione del CCNL delle attività ferroviarie e del contratto FS di confluenza.

In questa prospettiva l’esigenza di ottenere elementi di maggior certezza  e di tutela dei lavoratori hanno trovato una prima, sia pur significativa rispondenza, nei protocolli con Agens/Confindustria ed FS, che rappresentarono da un lato l’approdo alla sottoscrizione dei menzionati Accordi contrattuali, dall’altro il punto di partenza per il prosieguo della nostra azione sindacale, i cui contenuti ed obiettivi restano sostanzialmente immutati.

A partire dalla esigenza primaria di regole contrattuali per il lavoro, certe ed efficaci erga omnes nel settore del trasporto ferroviario, relativamente alle qualì i “politici” presenti che interverranno potranno fornirci ulteriori elementi informativi.

 

Eppure, lo voglio qui ricordare, il PGT varato nel gennaio 2001 dal Governo allora in carica, a cura del Ministero di Trasporti e della Navigazione, Ministero dell’Ambiente, Ministero dei Lavori Pubblici, poneva l’accento sull’esigenza di definire un unico CCNL per le attività ferroviarie al fine di “determinare le condizioni contrattuali di riferimento valide per le imprese ed i lavoratori del comparto”.

Ad oggi tuttavia tale esigenza, che conserva la sua valenza ed attualità, è restata lettera scritta ma mai realizzata, nonostante gli impegni formali assunti da Ministri di due diversi governi, l’8 giugno 2000 e il 3 ottobre 2001.

 

Non ci sono regole che possano ritenersi tali da ordinare il nostro sistema contrattuale secondo i canoni e le logiche dettate dalla nostra carta costituzionale.

Sotto altro profilo, quel medesimo PGT riteneva necessario dotare il comparto del trasporto ferroviario di clausole sociali a favore dei dipendenti delle imprese che  incorressero nella perdita di gare, attraverso la previsione dell’obbligo di riassunzione a pari livello retributivo in capo alle imprese vincitrici delle gare stesse.

L’indispensabilità di siffatte clausole sociali si rivela sempre più urgente con l’approssimarsi delle gare e più reale ove si pensi alla necessità di proteggere il reddito dei lavoratori, e costituisce ancor oggi un importante cardine dell’azione sindacale della nostra organizzazione e di tutto il movimento sindacale.

 

Sulla spinta di tali convinzioni ci siamo impegnati in un confronto serrato con l’Azienda FS, che, almeno relativamente al segmento delle merci, ci ha illustrato un progetto caratterizzato da elementi che possono essere condivisibili, consistenti in sostanziali modifiche al modo di lavorare dei ferrovieri, e da un cambio di “fase” del sistema di relazioni industriali, che oggi appare ancora lontana dal realizzarsi.

Così come appaiono lontani gli obiettivi declinati dall’Azienda FS, nell’accordo del 23 giugno scorso, che prevedevano uno sviluppo dei ricavi merci del 10% entro il 2008. Per non tacere poi dell’obiettivo, parimenti espresso, di pervenire ad un MOL positivo a partire dal 2006.

 

Tali obiettivi appaiono sempre più irraggiungibili se comparati, ad esempio, con le prime proiezioni elaborate dal Centro studi della Federtrasporti, nella cui indagine congiunturale relativa al primo semestre del 2005 consuntiva un meno 13, 9%, evidenziando un dato ancora più preoccupante nel segmento internazionale (meno 20,6%).

 

Pertanto, malgrado le preoccupazioni, vanno approfondite ed analizzate, in una prospettiva costruttiva, le previsioni di polifunzionalità in alcuni rami produttivi, ad esempio nell’ambito delle terminalizzazioni, strumenti, che potrebbero rivelarsi decisivi nell’incombenza del mercato concorrenziale.

Innovazioni organizzative che potrebbero ottimizzare il ciclo produttivo recuperando tempi morti e rigidità improduttive, creando un’organizzazione del lavoro più versatile e capace d’imprimere un salto qualitativo al trasporto ferroviario merci, ampliando il ruolo professionale degli operatori, rendendoli così meno aggredibili da una concorrenza basata non su maggiori capacità imprenditoriali, ma sul dumping contrattuale.

 

Una valutazione positiva quindi può rivolgersi all’organizzazione strutturale del ramo cargo ferroviario in piattaforme logistiche, ora che può considerarsi superata la logica di chi avrebbe societarizzato la Divisione Cargo di Trenitalia, alla ricerca di ottimizzazione nell’utilizzo del personale e l’impegno assunto dalla Società di potenziare la produzione nelle officine FS, anche ridiscutendo i nastri lavorativi, col fine di incrementare i mezzi rotabili (carri e locomotive) disponibili alla produzione.

Impegni e sforzi, tutti questi, già parzialmente in fase di attuazione, che debbono trovare ulteriori fasi di approfondimento e verifica, ma che non possono prescindere dal rientro delle lavorazioni affidate in appalto.

 

Al di sopra di tutto, però, su due elementi crediamo necessario insistere.

Punti centrali, elementi imprescindibili per uno sviluppo stabile del sistema e coerente con una democrazia evoluta debbono essere la sicurezza del trasporto e del lavoro, la definizione di clausole sociali per evitare le storture di dumping sociale, che, inevitabilemente, già oggi scaturiscono da un “mercato” incontrollato ed incontrollabile.

 

Già allora, avevamo sottolineato la necessità di rilanciare le attività ferroviarie, in Italia e in Europa, in particolare sul versante del trasporto delle merci, settore cardine per l’economia nazionale.

 

Tornando, oggi, ad un tema più generale e ampio rispetto a quello affrontato a fine 2003 prendo lo spunto, in apertura di questo mio intervento, da una significativa affermazione contenuta in un recente libro della Dott.ssa Ida Tramonti e dell’Ing. Incalza: “la mobilità può essere un fattore di ricchezza”.

Lo crediamo anche noi!

Ed è di questo che vogliamo discutere apertamente in un momento di difficoltà sia congiunturale che strutturale del nostro Paese.

 

La mobilità, di merci e di persone, può essere fattore di ricchezza, o per lo meno di ripresa produttiva, di superamento di una grave stagnazione del nostro Sistema Paese, se al contempo ci si muove per sviluppare il lavoro e la professionalità, utilizzando l’organizzazione di tutte le risorse e indirizzandole verso l’interesse della collettività.

 

Siamo coscienti che non è possibile limitare la considerazione della reti di comunicazione italiane entro i confini nazionali e che il sistema dei trasporti debba essere considerato unico a livello europeo.

Intanto la nostra rete ferroviaria deve considerarsi ancora nella giusta “situazione” per scongiurare il pericolo di ripetere gli errori commessi in Gran Bretagna, o, d’altro canto, in Giappone.

La prima così spezzettata e sminuzzata da richiedere oggi uno sforzo economico immane per la sua ricomposizione;  la seconda invece così tecnologicamente avanzata, che, in mano a grandi monopoli privati, sovvenzionati dallo Stato, finisce per servire solo la mobilità delle persone in due o tre direttrici essenziali.

Sappiamo che affinché la mobilità possa costituire ricchezza la nostra rete, non deve essere né spacchettata né regionalizzata, ma deve restare pubblica e efficientemente gestita.

 

Con una sintesi  concettuale potremmo dire che deve restare: unica, sicura, efficiente.

 

Deve attrarre capitali per investimenti e consentire ad imprese dedicate al trasporto intermodale e integrato, di percorrerla, con forte coinvolgimento produttivo.

 

E’ quindi necessaria una rete che da un lato si articoli, per i collegamenti, con le Reti Europee e i grandi corridoi internazionali, ma che d’altro canto abbia un suo radicamento molto forte in alcuni Porti strategici per cogliere tutte le occasioni che provengono oltre mare, dai Paesi asiatici in primo luogo o anche da quelli Mediterranei nel caso siano Porti dedicati al RO-RO e/o alle crociere turistiche.

 

D’altro canto la nostra Organizzazione ha sempre considerato importante e da valorizzare il ruolo che l’Italia può svolgere all’interno dell’area mediterranea: non soltanto nella sua naturale posizione, come penisola che domina centralmente il Mediterraneo, di vera e propria porta per gli scambi commerciali, ma anche come finestra aperta alle relazioni culturali, sociali, ai bisogni.

Rapporti che il Sindacato, a nostro avviso, deve assumere quale contenuto della sua azione, che deve essere finalizzata ad incentivare, facilitare il dialogo e la solidarietà tra i bisogni dei lavoratori di popoli diversi: congiungere i bisogni facilitando quindi un processo di avvicinamento culturale e sociale, vero ed unico  strumento in grado di sconfiggere tensioni e guerre.

 

Proprio la solidarietà tra popoli e la crisi energetica, unitamente alle implicazioni ambientali che tutti, ormai, avvertiamo come urgenze cui far fronte, pongono l’esigenza di utilizzare comuni strategie per l’utilizzo di fonti energetiche c.d. alternative, ossia diverse da quelle oggi prevalentemente in uso, che cagionano danni irreparabili all’ambiente in cui viviamo: sole, vento, acqua, sono fonti naturali e pulite.

Tale comune esigenza richiede un ulteriore, più forte dialogo tra i popoli, spinti a minimizzare i costi energetici, in una più globale analisi economica costi-benefici.

 

Il sindacato deve proseguire nel suo impegno, importante e centrale della difesa dell’ambiente, siccome progetto finalizzato alla solidarietà ed economicamente rilevante per la vita dei lavoratori e della collettività.

Anche sull’impatto ambientale dei sistemi di trasporto, il PGT del gennaio 2001, sopra menzionato, al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica ai livelli tollerabili, secondo le indicazioni del Protocollo di Kyoto, ed accrescere i livelli di sicurezza, esortava ad un riequilibrio modale del trasporto ed allo sviluppo di tecnologie energeticamente più efficienti, tali da accrescere i livelli di sicurezza del trasporto, ambientalmente sostenibili.

 

Oggi, a distanza di circa cinque anni, siamo ancora fiduciosi in un serio piano di riequilibrio modale, attraverso incentivazioni, investimenti infrastrutturali (soprattutto in logistica), finanziamenti, procedure d’informatizzazione, anche se, in quanto a tecnologie, ci vediamo subissati da “marchingegni” che tutto possono considerarsi, ma non certo tecnologie avanzate, nè tantomeno utili ad incrementare i livelli di sicurezza. Alludiamo al famoso, inutile ed anzi dannoso VACMA: la famigerata sveglietta, vero e proprio strumento di “tortura” per i macchinisti, che viene spacciato come meccanismo di vigilanza.

 

Addirittura, relativamente ad alcune tratte ferroviarie, questo vecchio ed obsoleto meccanismo avrebbe dovuto, nelle intenzioni del Gestore dell’Infrastruttura, compensare, determinandone la cancellazione, lo sconto del k2, riconosciuto alle aziende di trasporto ferroviario per l’arretratezza tecnologica delle linee.

Un autentico colpo di mano che oggi, dopo e grazie alle lotte sindacali ci sembra superato dall’impegno assunto dal Governo, volto ad attrezzare l’intera rete con apparecchiature tecnologiche moderne ed efficienti quali SCMT e SSC.

 

Tutto ciò è aggravato da una super-produzione normativa da parte del gestore dell’infrastruttura che finisce col determinare confusione e non consente al personale di seguirne la dinamica, attraverso appositi corsi di professionalizzazione e dotazione di strumenti informatici.

 

Siamo certamente sensibili al fatto che, attorno alle grandi aree urbane, le gronde ferroviarie siano dedicate e specializzate al  massimo, se necessario, ai treni per la mobilità delle persone, come anche allo sviluppo di treni-merci, ove possibile in modo separato, e che ambedue le tipologie di treni (merci e passeggeri) siano considerati di interesse nazionale.

 

E’ ormai noto a tutti che la rete è fondamentale per la mobilità: riteniamo indispensabile che essa venga ampliata, ove necessario.

Il quadruplicamento obbediva a questa logica, ma ancora non è in esercizio.

Anche la rete attualmente esistente, ovunque, soprattutto nel Sud, va tecnologicamente attrezzata, resa più sicura, gestita essa stessa come risorsa fondamentale per il Paese e per il Mezzogiorno, e raccordata con la rete stradale e autostradale.

Non vi può essere concorrenza tra queste reti.

 

Anzi, tutte le Reti di trasporto debbono obbedire a concetti e ad attività di razionalizzazione e connessione.

I nodi, soprattutto città, porti, aeroporti e interporti, possono costituire i punti fondamentali di verifica ove l’infrastruttura oggi esistente, sia ben funzionante, connessa e produttiva al massimo, così da poter accogliere al meglio e prima possibile, in ordine e con profitto, le nuove opere.

Ripetiamo che tra queste è soprattutto necessario il completamento di opere nel Sud, come da tempo promesso, con cantieri avviati ma con opere ancora non realizzate, sia ferroviarie che stradali.

Dovremmo chiederci innanzitutto se abbiamo fatto tutti il nostro dovere in questo senso.

Poi, dovremmo riflettere se ci siamo attivati per un coordinamento istituzionale che renda il sistema trasparente e coinvolgente per  i lavoratori e per  gli utenti.

Infine dovremmo interrogarci se abbiamo tutti espresso l’esigenza di un buon funzionamento del sistema, in cui ogni componente abbia la sua collocazione in un progetto di sistema Produttivo, dove la competizione non sia misurata sulla compressione del salario dei lavoratori e dei costi per la sicurezza, o addirittura sul precariato del lavoro con l’uso dell’appalto e ancor di più del subappalto.

 

L’assenza di verifica e controllo è certamente l’ostacolo principale che impedisce o rende problematico il collegamento tra i progetti da concretizzare in tempi rapidi ed urgenti, che sono sempre più indirizzati alle priorità essenziali, e quelli strategici da realizzare nel prossimo futuro.

Vorrei ricordare da questo punto di vista tre importanti elementi, sia per il lavoro, ferroviario in particolare, sia per lo sviluppo del Sistema Paese:

 

A)              Un sistema di trasporto continentale non può prescindere dalla esistenza a livello europeo di clausole di garanzia sociale, sia nel settore ferroviario che in quello dell’autotrasporto.

Un’Europa, che non è più costituita dagli originari quindici Paesi, ma anche dai nuovi Paesi e/o da quelli che stanno per entrare, deve trovare punti significativi e comuni su “clausole sociali”, che presiedano allo svolgimento delle attività lavorative in ambito continentale contribuendo a governarne gli squilibri,  per quanto ci concerne ed occupa in questa sede, nel settore dei trasporti per terra, per mare, per cielo.

Soprattutto se s’intenda conferire centralità al progetto europeo, che ove non arricchito di contenuti politici e sociali, rischia di distanziare ancor di più gli interessi dei cittadini.

La riprova va colta proprio nell’esito dei recenti referendum svoltisi in Francia ed in Olanda.

E’ necessario stabilire regole precise sul lavoro, sulla competizione, sulla sicurezza

─ così strettamente collegata alle regole sugli orari di lavoro ─ sulle dinamiche dell’attività lavorativa, esigenza presente e comune tra tutti i lavoratori europei, Italia inclusa.

 

La liberalizzazione senza regole porta ad indebolire, fino all’abbattimento completo, ogni tutela anche salariale e determina il pericolo di una severa crisi economica sul versante dei redditi e dello sviluppo, che la domanda può invece sostenere ed incrementare. Per questo deve essere scongiurato con interventi ai vari livelli istituzionali che, in particolare nel settore trasportistico, impediscano alla competizione di incentrarsi sul costo del lavoro, premano per un innalzamento della sicurezza ai massimi livelli e incentivino il miglioramento dei sistemi sotto il profilo della compatibilità ecologica.

 

In questa logica le clausole sociali, sopra ricordate, prima nel contesto nazionale e poi europeo sono un elemento oltre ché di garanzia sociale, di salvaguardia e sviluppo economico.

Inoltre possono costituire un efficace strumento per addivenire ad una coesione tra i cittadini  di un’entità politica europea ancora incompiuta.

 

B)               La realizzazione di un sistema sempre più attento alla sicurezza ha bisogno certamente del nostro contributo, come quello del singolo privato.

Dobbiamo pertanto calibrare, in ogni modalità, compresa quella ferroviaria, oltre quella stradale, aerea e marittima, regole e comportamenti: sui mezzi e negli impianti, con strutture istituzionali che non affievoliscano l’attenzione e il controllo, ma anzi portino tutte le modalità al più alto livello possibile di sicurezza per gli utenti e per gli operatori in ogni singolo settore di attività.

 

C)              Chi gestisce, svolge attività di manutenzione, lavora negli impianti e il personale dei treni, come in qualsiasi modalità, debbono obbedire alle fondamentali esigenze di essere:

 - tecnicamente specializzati per gli obiettivi e le attività da esercitare;

 - utilizzati promiscuamente, nei diversi ambiti produttivi, per conseguire il migliore risultato possibile diminuendo sempre più i tempi di sosta o di ritorno a vuoto dei mezzi.

 

Sono da perseguire fino in fondo le soluzioni indirizzate al perseguimento dei suddetti scopi.

Il personale del treno è certamente professionalmente frustrato se il tempo di lavoro in cui è impegnato è per la maggior parte programmato non per la condotta ma per il controllo dei mezzi in affidamento, per il ritorno al deposito o per una trasferta in attesa dei mezzi mancanti, o mal programmati, o programmati su aree e segmenti gestiti a compartimenti stagni.

Trenitalia deve completare il processo di superamento della condizione di specializzazione esasperata, originata dalla cosiddetta divisionalizzazione, che ha determinato aumento dei costi, tempi morti e spreco di risorse, ma deve anzi sfruttare al massimo le economie scaturenti dal promiscuo utilizzo del personale di condotta e degli assets produttivi tra treni merci e treni passeggeri.

 

Questa Relazione spero possa rispondere alla principale ambizione che la ispira: aprire un dialogo a largo raggio, tra ferrovieri, politici, istituzioni, imprese di trasporto e lavoratori di tutto il settore.

Siamo coscienti che il nostro punto di vista confligge, in molti punti, con la direttiva cosiddetta Bolkestein: ma questo non può impedirci di lottare per cambiare scelte che riteniamo errate. In questa ottica e con queste intenzioni abbiamo preso parte alla manifestazione del 15 ottobre scorso, insieme a tutto il mondo sindacale italiano.

 

Non si può prescindere dalla multimodalità: tutte  le modalità debbono essere coordinate in un quadro di pari dignità.

Per questo potremmo volgere un appunto critico al Patto per la Logistica, licenziato nel maggio 2005, dal Ministero dell’Infrastrutture e dei Trasporti, in particolare dalla Consulta Generale dell’Autotrasporto, proprio perchè pone l’autotrasporto stesso come punto cardine della logistica nel nostro Paese, marginalizzando, a nostro avviso, la necessaria ottica intermodale.

 

Dunque, pur apprezzando l’iniziativa, ci sentiamo di dover evidenziare, ad esempio, che il suddetto Patto non si avvale, né menziona in modo strutturato l’apporto dei lavoratori di tutto il settore dei trasporti ai processi evolutivi, circostanza che avrebbe potuto conferire al Patto stesso una tensione costruttiva e  partecipativa dei lavoratori, condizioni di condivisione che riteniamo siano la strada da seguire per chiunque intenda impegnarsi, con anelito di successo, nell’elaborazione di un vero Piano per la logistica. Il Patto infatti si limita a coinvolgere le imprese, sostanzialmente  raccogliendo le sottoscrizioni dei relativi amministratori.

 

Siamo aperti e sollecitiamo il massimo confronto.

Siamo consapevoli del fatto che non tutti hanno, come noi, la convinzione che sia necessario tenere unita l’azienda ferroviaria.

 

Abbiamo già detto che lo spezzatino ci trova tenaci avversari e il caso inglese ci fornisce la conferma e la validità della nostra spinta in opposizione.

 

Siamo anche altrettanto convinti che in una politica europea delle ferrovie occorra puntare ad una stretta connessione tra le risorse ferroviarie, Paese per Paese, con quelle delle altre modalità. Dunque pensare alle singole modalità inserite in un unico sistema di trasporto intermodale ed europeo.

Tutto ciò al fine di risultare competitivi in termini di sistema.

 

Altrimenti non potremmo confrontarci con i Paesi in cui per una lunga fase (almeno 10 anni) il costo del lavoro è stato e resterà, per il futuro, talmente basso da poter attirare con preoccupante vigore la produzione manifatturiera di Prodotti maturi e completi.

Tuttavia  oggi, il nostro Paese non soltanto non si oppone, ma anzi favorisce il transito puro e semplice delle merci e dei mezzi, senza intervenire, anche soltanto nella composizione e/o scomposizione, in una catena logistica che ha bisogno di punti di montaggio o smontaggio, di centri distributivi, di momenti di arricchimento e, appunto, composizione del prodotto.

 

Lo stesso vale per la mobilità delle persone.

Non è possibile pensare che il nostro Paese sia arretrato nel turismo, quando, ancorché gli eventi planetari siano fortemente proiettati  a rappresentare scenari di guerra, terrorismo, disastri naturali, sono invece, statistiche alla mano, aumentati i movimenti turistici, le crociere, l’attenzione di giovani e di organizzazioni sociali e culturali ad un turismo organizzato in tutti i mesi dell’anno e non solo per le solite limitate settimane dell’ estate.

 

Siamo arretrati “di una posizione” come Paese rispetto alla Spagna, oltre come sempre arretrati o insidiati da francesi e americani,  dalla Gran Bretagna e dalla Germania,  dai Paesi scandinavi. Di fronte a nuove masse turistiche provenienti dalla Russia e dall’Asia, dobbiamo offrire un supporto ferroviario che sia di qualità e impegnato su tutti i servizi necessari agli organizzatori di domanda variegata del turismo oltre che al settore strettamente legato allo spostamento ferroviario, che comunque va qualificato e personalizzato rispetto a questa specifica domanda di mobilità.

Si insiste invece, riteniamo in un’errata prospettiva, nel tentativo di scorporare le Reti dalle Compagnie di trasporto, di rendere separati gli addetti al settore degli impianti da quello del marketing, il settore della gestione dell’esistente dal settore degli investimenti per nuove opere, i macchinisti per le locomotive merci da quelli per locomotive e treni viaggiatori.

 

Tali interventi potrebbero avere un plausibile senso pratico, qualora fossero finalizzati ad individuare servizi specifici coordinati ad un obiettivo comune.

 

Ma se al contrario si pensa che il bene del Paese sia quello che ciascun settore diviene un rigido centro di costo, una divisione, poi una società, da far dimagrire come unità operativa senza puntare sul successo di una sinergia comune e di un progetto Paese da mettere in connessione con le altre modalità, siamo e saremo decisamente contrari e preoccupati, non solo per l’abbassamento della professionalità del lavoro in ferrovia e altrove, la sua precarizzazione, con le implicate conseguenze, ma anche perché oggi appare chiaro che da questa mentalità, tutta rivolta alla riduzione del costo, il Paese finirebbe per perdere proprio l’orizzonte del suo grande potenziale nello strumento mobilità, con obiettivi intermodali e con sistemi fortemente interconnessi, naturalmente indirizzati all’aumento della produzione.

Non si tratta quindi di un quesito che poniamo in modo retorico e di parte.

Tanto meno di una difesa corporativa.

 

La crisi energetica, il bisogno di sicurezza in assoluto e in relazione ai gravi avvenimenti intercorsi, impongono la necessità che il Paese, si dia una scossa più che una mossa.

Oggi o dopo le venture elezioni, con l’attuale o con il prossimo, nuovo Governo.

Chiunque vinca!

Appaia quindi in primo piano per il  Governo la necessaria relazione che vi deve essere tra interesse del Paese e crescita in qualità e in quantità del lavoro nella produzione e nei servizi.

In altri termini occorrerà lavorare affinché le imprese sviluppino le loro aziende, non limitandosi, come è accaduto fin dall’avvio del processo di liberalizzazione, a distruggere lavoro stabile.

Questa valutazione impone a tutti noi di trovare soluzioni e prospettare strategie di rapida e concreta attuazione per essere competitivi e insieme cooperanti con altri protagonisti nel mercato nazionale ed internazionale.

 

Saremo quindi, da questo momento, il più possibile presenti ad ogni manifestazione, convegno, Forum, compreso quello che si terrà a Bologna, indetto da Italia Mondo fra dieci giorni: per ascoltare, ma anche per portare il nostro parere e le nostre valutazioni.

E oggi, all’approssimarsi della tornata elettorale per il rinnovo della legislatura, vogliamo essere presenti nel dibattito politico per dare le “gambe” al nostro progetto, ai nostri bisogni, alla nostra visione dell’economia dei Trasporti e del Paese.

Sapremo dare contezza ai lavoratori, che ripongono in noi la loro fiducia, del dibattito che si svolgerà e soprattutto delle posizioni che si delineeranno su questi temi.

 

Vi ringrazio dell’attenzione.

 

 

 Il Segretario Generale

Armando Romeo