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Segreterie  Nazionali

ASSEMBLEA NAZIONALE UNITARIA

dei QUADRI, RSU E RLS

  

 

 

 Teatro Ambra Jovinelli

Roma, 27 gennaio 2005

 

di Franco Nasso

 

Sono passati poco più di due mesi dalle elezioni delle RSU e RLS.

Da quelle elezioni, da quella grande partecipazione dei ferrovieri, è uscita una rappresentanza sindacale che ha confermato il  consenso intorno alle proposte  che accomunano i sindacati promotori di quest'assemblea.

Le liste presentate dai sindacati firmatari del Contratto delle attività ferroviarie hanno ottenuto il 98% delle preferenze.

Il voto delle lavoratrici e dei lavoratori ha misurato il livello di consenso e di rappresentanza delle diverse Organizzazioni sindacali e, nello stesso tempo, ha indicato con forza la necessità di sviluppare l’azione unitaria.

Oggi ci ritroviamo insieme, tutti, dopo molto tempo, e avviando questa prima assemblea delle nuove RSU e RLS,  salutiamo con grande soddisfazione questa ritrovata unità di azione.

Discutiamo del futuro del trasporto ferroviario e del futuro del lavoro e lo facciamo sulla base di una piattaforma comune.

Una piattaforma che nasce da un’analisi condivisa della situazione e da proposte concrete, che indicano una via d’uscita possibile dal progressivo scadimento delle cose.

Fermare il degrado, fermare chi sta portando il trasporto ferroviario e il Gruppo FS in una situazione che può degenerare pericolosamente, è il primo obiettivo della piattaforma unitaria.

Il degrado è crescente, si misura quotidianamente, è la questione intorno alla quale discutono, con allarme, i lavoratori; c’è la diffusa e netta percezione che le cose vanno male e potrebbero andare sempre peggio.

I ferrovieri avvertono il peso di questa situazione, lavorano in condizioni sempre più precarie, vedono lo stato  dell’azienda deteriorarsi in un processo non contrastato  dai vertici aziendali.

Questo diffuso pessimismo non è alimentato dalla propaganda ostile alle ferrovie, non ci sono esagerazioni, ci sono, purtroppo, i fatti.

Il degrado è frutto della liberalizzazione senza regole, dei ritardi accumulati in lunghi anni nell’ammodernamento della rete e del materiale rotabile, delle risorse sottratte agli investimenti.

Queste cose chiamano in causa le responsabilità del Governo.

Il degrado è anche la conseguenza degli errori dei vertici del Gruppo FS che non sembrano in grado di arrestare il crescente declino, proponendo una credibile linea di sviluppo; si sommano errori di conduzione delle società e assoluta adesione a tutte le decisioni e a tutte le incursioni messe in atto dalla politica nei confronti dell’azienda.

Vogliamo fermare questo degrado, la piattaforma che presentiamo in questa assemblea rivendica interventi che possono invertire l’andamento negativo delle cose ed impedire che le conseguenze siano, come sempre, fatte ricadere sul lavoro.

Le proposte che avanziamo, per lo sviluppo e per la tutela del lavoro, sono rivolte a tutti i soggetti istituzionali e imprenditoriali che agiscono ed hanno interessi nel trasporto ferroviario.

Ci rivolgiamo al Governo, alle Istituzioni regionali e locali, alle associazioni delle imprese e al Gruppo FS.

Chiediamo che sia fatto, finalmente, quanto è necessario per dare al trasporto ferroviario la centralità nel sistema dei trasporti nel paese a sostegno dello sviluppo, attraverso un sistema di mobilità delle persone e delle merci che recuperi qualità, sicurezza e riduca i costi a carico della collettività.

In Italia il trasporto delle merci e delle persone, per ferrovia, rappresenta la percentuale più bassa tra i principali paesi dell’Europa.

Le conseguenze si misurano con i costi altissimi che bisogna sopportare in termini diretti: il trasporto su gomma consuma molta più energia e richiede molto più lavoro per unità di traffico.

Molto elevati sono anche i costi indiretti che si caricano sulla collettività, per le pesanti conseguenze che il traffico stradale produce in seguito agli incidenti e ai tassi insopportabili di inquinamento atmosferico.

Tutte queste cose fanno parte di una discussione che si svolge da troppo tempo allo stesso modo.

Quando le autostrade si bloccano, quando gli alti tassi di inquinamento costringono a chiudere le città, non c'è chi non dica che è necessario avvicinare l’Italia all’Europa, attraverso lo spostamento di quote di traffico verso la ferrovia.

Per fare queste cose ci vorrebbe una politica dei trasporti in grado di orientare le scelte del paese verso una modalità di trasporto meno costosa, più sicura e meno inquinante.

Ci vorrebbe un Piano dei trasporti che avesse questo segno.

Le cose vanno, come sappiamo, in altre direzioni: il Governo non manifesta alcuna traccia di politica dei trasporti, a parte la propaganda ormai stanca sulle cosiddette grandi opere, si vedono solo tagli di risorse e nessuna efficace azione di regolazione del sistema.

Cosa chiediamo al Governo?

Dal Governo ci aspettiamo che sulla questione del trasporto ferroviario siano assunte, dopo tante decisioni sbagliate, quelle necessarie a fermare il declino ed a sostenere lo sviluppo.

Chiediamo al Governo di correggere in modo radicale le scelte compiute in merito alla liberalizzazione del trasporto ferroviario, alle risorse destinate agli investimenti, agli interventi sull’assetto societario del Gruppo FS e ai pesanti condizionamenti sulla gestione dell’azienda pubblica.

 

La liberalizzazione del trasporto ferroviario

La liberalizzazione del trasporto ferroviario si è fatta, in Italia, a seguito delle decisioni del Governo e del Parlamento, con modalità che hanno già prodotto danni consistenti.

Alla precedente normativa, che già anticipava in molti punti le scadenze previste dagli obblighi comunitari, il Dlgs 188 del 2003 ha impresso una nuova accelerazione, che indebolisce fortemente l’impresa nazionale.

Le decisioni assunte dal Governo e dal Parlamento producono una condizione di netto vantaggio per le altre grandi imprese europee che possono godere di una straordinaria possibilità di agire in Italia, avendo il loro sistema protetto dalla concorrenza ancora  per diversi anni.

Gli altri paesi hanno prodotto normative di recepimento che proteggono le aziende nazionali, con la previsione di tempi lunghi per l’attuazione della liberalizzazione.

L’Italia non può imporre agli altri paesi l’obbligo di reciprocità, e, di conseguenza,  consegna un formidabile vantaggio agli operatori stranieri.

La scelta italiana può determinare il rapido declino di un fondamentale sistema produttivo come quello ferroviario.

Così come è avvenuto per altri settori della produzione industriale, anche il trasporto ferroviario può essere in breve tempo trasferito alle grandi imprese europee.

Quanto avvenuto nel trasporto merci, è di assoluta evidenza: quasi tutte le piccole aziende che hanno ottenuto la licenza e la certificazione di sicurezza sono state acquisite dalle grandi imprese europee o stanno per esserlo.

Le ferrovie tedesche DB e quelle svizzere SBB, hanno già il pieno controllo di alcune società italiane e si apprestano a occupare tutti gli spazi disponibili, essendo in grado di impegnare le risorse necessarie.

Questo stato di cose può e deve essere corretto, ci vogliono interventi legislativi tali da agire sulle condizioni di reciprocità con gli altri paesi: per i tempi di attuazione e per la possibilità che hanno le imprese europee di operare in Italia.

Insieme alla reciprocità, che deve rappresentare la prima barriera necessaria per ripristinare l’equilibrio, la liberalizzazione deve comprendere le regole per il lavoro, che fino ad oggi sono sempre state negate dal Governo e dal Parlamento.

La concorrenza si svolge senza alcun vincolo di clausola sociale.

I nuovi operatori agiscono in totale libertà rispetto agli obblighi di natura contrattuale.

Le nuove imprese, in mancanza di qualsiasi regola legislativa, applicano i più diversi contratti e mettono in atto il “dumping” contrattuale che non incontra il necessario contrasto.

Questa possibilità consente alle compagnie straniere di aprire in Italia le imprese low-cost con un costo del lavoro molto più basso di quello che hanno a casa loro.

Con il doppio vantaggio, sulla reciprocità e sui costi, consegnato alle imprese europee, la conclusione della liberalizzazione in Italia appare già segnata.

Abbiamo rivendicato l’intervento del Governo sulla questione, fin dall’avvio del processo di liberalizzazione.

Fino ad oggi senza esito alcuno.

Il  contratto unico  di settore e la clausola sociale sono, oggi, a maggior ragione, al centro della nostra rivendicazione e tra gli obiettivi fondamentali della mobilitazione della categoria.

I problemi aperti dalla liberalizzazione senza regole e dall’assenza delle clausole sociali sono di particolare gravità ed evidenza nel trasporto regionale.

La messa a gara della totalità del servizio, in assenza di regole certe, aprirà grandi contraddizioni, ricadute negative nella qualità e quantità del servizio e, senza correttivi adeguati, produrrà gravi effetti sull’occupazione e sul reddito dei lavoratori interessati.

Per queste ragioni il Governo e il Parlamento devono rivedere il sistema di regole per le gare nel trasporto regionale, introducendo le necessarie gradualità e le condizioni di tutela dell’azienda nazionale, in mancanza delle condizioni di reciprocità.

 

La diffusione del Contratto delle Attività Ferroviarie

Tra poche settimane saranno trascorsi due anni dalla firma del Contratto delle attività ferroviarie, e  il secondo biennio economico è già scaduto..

Il Contratto di lavoro firmato il 16 aprile del 2003, è applicato ancora solo da una parte delle aziende del settore, sono poche le aziende fuori dal Gruppo FS nelle quali si sono fatti gli accordi di confluenza.

Anche nelle imprese controllate da FS si sono registrate difficoltà.

Il contratto di settore rappresenta il fondamentale strumento di tutela del lavoro e di regola comune ed è obiettivo irrinunciabile nell'ambito della definizione delle regole che devono essere introdotte per correggere le attuali modalità di attuazione della liberalizzazione.

 

I tagli del Governo

Il Governo ha ulteriormente aggravato le difficoltà con le decisioni assunte con le ultime manovre di finanza pubblica.

Le ferrovie pagano pesantemente gli errori della politica economica del Governo, che nella ricerca di tappare i buchi di bilancio, sceglie di tagliare in modo progressivo i trasferimenti al trasporto ferroviario.

Le risorse spendibili tra tagli, rimodulazioni e definanziamenti sono state fortemente ridotte dalle ultime quattro leggi finanziarie.

Particolarmente pesanti sono le rimodulazioni di spesa:

con la finanziaria 2002 sono stati spostati, al 2005, 4,9 miliardi di euro di finanziamenti previsti per il 2003-2004;

nel 2003 sono stati rinviati, al 2006, 7,3 miliardi di euro;

la finanziaria 2004 ha trasferito, al 2007,  7,0 miliardi. L’ultima finanziaria ha rinviato al 2008 14,7 miliardi.

Si tratta di cifre enormi che difficilmente potranno trovare copertura alle scadenze previste.

Queste decisioni sono molto gravi e rallentano gli investimenti in corso, procurando ritardi e interruzioni di opere indispensabili per il completamento del processo di ammodernamento delle linee e dei nodi ferroviari e gravi ritardi nell’acquisto del materiale rotabile.

La possibilità di far circolare più treni, viaggiatori e merci, si allontana sempre più nel tempo.

Le scelte del Governo sul trasporto ferroviario rappresentano un pericolo serio, che può provocare una crisi tale da travolgere l’azienda FS e per questo c’è bisogno di una profonda revisione degli orientamenti sul sistema dei trasporti.

Bisogna correggere  la politica degli investimenti e delle risorse destinate al servizio, occorre che Governo e Parlamento garantiscano la continuità dei flussi economici necessari e che riconoscano la centralità del trasporto ferroviario per lo sviluppo del paese, soprattutto per le aree meridionali, lo promuovano fattivamente attraverso una coerente politica dei trasporti che metta in atto specifiche agevolazioni ed incentivi il riequilibrio modale nel nostro paese.

 

L’assetto societario del Gruppo FS

Per quanto riguarda l’assetto societario del Gruppo FS, i progetti di separazione del Governo, confermati dalle recenti dichiarazioni del ministro dei trasporti e delle infrastrutture , sono molto preoccupanti e hanno sempre incontrato la netta contrarietà del sindacato.

Le mezze smentite successive non rassicurano per niente, i progetti sono contenuti in un'ipotesi di Direttiva del Governo, a suo tempo consegnata alle commissioni parlamentari, che è riproposta dalle recenti sortite del ministro.

Siamo fortemente contrari a quell'ipotesi di assetto di FS  e a qualsiasi altro intervento sulla struttura societaria del Gruppo, che possa mettere in discussione la gestione unitaria.

L’azienda integrata rimane l’unica  soluzione in grado di garantire lo sviluppo delle attività e le necessarie sinergie a tutela dell’azienda pubblica nazionale.

All’interno della conferma dell’unitarietà del Gruppo si possono individuare le soluzioni organizzative necessarie, rispettando tutte le normative dell’UE, con la conferma del ruolo di RFI come gestore dell’infrastruttura e lo sviluppo di Trenitalia come società unica di trasporto di merci e persone.

Le normative europee non possono essere prese, ancora una volta, a pretesto per avviare operazioni che rispondono a logiche diverse dalla necessità di sviluppare un sistema ferroviario in grado di rispondere alle attese del paese.

Le frantumazioni societarie che tanto piacciono al ministro rispondono al progetto, più volte bocciato sonoramente, ma per qualcuno non ancora abbandonato, di proporre in Italia il modello inglese, che ha prodotto danni enormi sulla sicurezza e sulla qualità del servizio.

Sono ipotesi di grande pericolosità che non possono trovare spazio alcuno e che contrasteremo con tutti gli strumenti disponibili.

Vogliamo dare credito, fino a prova contraria, alle rassicurazioni di FS, sulla vera natura delle ultime modifiche organizzative che hanno interessato Trenitalia, ma rimane la forte preoccupazione  per la collocazione dell’area merci, che sembra pensata per favorire la societarizzazione del settore, ipotesi che trova il sindacato fermamente contrario.  

Per quanto attiene, invece, alla necessità di distinzione della parte relativa alla certificazione e alla garanzia della concorrenza, queste funzioni possono essere estratte da RFI e poste sotto il diretto controllo del Ministero o dell’authority prevista dal Decreto Legislativo.

Su queste grandi questioni ci aspettiamo risposte dal Governo e dal Parlamento: il trasporto ferroviario non ha futuro senza regole per la liberalizzazione, e senza regole di tutela per il lavoro,  senza risorse adeguate e senza una grande impresa pubblica integrata che rappresenti il centro del sistema dei trasporti del paese.

 

La situazione nel Gruppo FS

La situazione nelle Società del gruppo FS si conferma ogni giorno più difficile.

Tutto è aggravato dalle azioni del Governo.

I vertici di FS, da parte loro, stanno facendo molto per far precipitare la situazione verso una crisi irreversibile.

Non è dato sapere con quali azioni si intenda affrontare una situazione che appare fuori controllo.

Il Piano d'impresa non si conosce, si vede solo una gestione giorno per giorno che tenta in qualche modo di tappare le molte falle che si aprono in continuazione nel sistema.

I ferrovieri avvertono in ogni giornata di lavoro questo stato di cose e si aspettano risposte alle crescenti preoccupazioni.

Come rispondono i vertici del Gruppo?

Intanto curano l'immagine, e ci spendono molto, presentano ipotesi di sviluppo e prodotti buoni solo per far parlare per qualche giorno i giornali.

Tutte azioni che avranno immancabilmente risultati effimeri, in assenza di risposte che siano in grado di migliorare la qualità e il livello quantitativo dell'offerta.

Intanto le cose vanno sempre peggio.

Vanno sempre peggio le capacità di contrastare  una concorrenza che, in assenza di regole, si rivela sempre più capace di conquistare quote di mercato.

Vanno sempre peggio i rapporti con la clientela che si trova quotidianamente alle prese con treni che non riescono a soddisfare la domanda: il servizio è insufficiente, i treni non bastano, i materiali sono spesso vecchi e poco affidabili, la puntualità è messa a dura prova dai mille problemi che presentano le linee e i treni.

Quando i pendolari bloccano lo stesso  treno che li porta a lavorare, vuol dire che la situazione del sistema ha raggiungo il punto di rottura.

Le linee non sono sufficienti a far circolare tutti i treni necessari e i materiali non bastano a soddisfare la domanda.

La pulizia è a livelli così bassi da produrre la crescente esasperazione dei viaggiatori sulla maggior parte dei treni in circolazione.

Va peggio anche la sicurezza, e questa è una cosa che non vorremmo mai dover dire del trasporto ferroviario.

Questa è la misura che hanno i ferrovieri e i clienti delle ferrovie, che non corrisponde ai messaggi di FS, infarciti di statistiche rassicuranti.

Che le cose vanno male è confermato dai pessimi rapporti con le Regioni che denunciano le inadempienze contrattuali di FS in relazione alla qualità del servizio.

L'Amministratore delegato del Gruppo e i vertici FS, annunciano piani di sviluppo e rassicurano, fanno il loro mestiere in un momento difficile.

Il sindacato chiede da tempo di conoscere questi piani, di avere conoscenza delle azioni che si intendono mettere in atto.

Finora, a quasi un anno dal cambio dei vertici, non abbiamo avuto risposte.

Non è eccessivo pensare che questo silenzio nasconda progetti negativi per il lavoro.

Sappiamo che i conti vanno male, sappiamo che la crisi interessa tutte le società del Gruppo, sappiamo che le risorse disponibili sono ridotte e che sarà molto difficile aumentare i volumi dell'offerta e le tariffe per un periodo che si annuncia troppo lungo.

Per non avere amare sorprese chiediamo di conoscere i piani industriali, vogliamo misurarci con gli annunciati progetti di sviluppo, vogliamo sapere dove veramente si vuol portare l'azienda.

Quanto abbiamo potuto registrare fino ad oggi non può portare elementi di ottimismo.

Il Gruppo FS fa registrare un'evidente e grave perdita di autonomia.

Alle decisioni del Governo che ha tolto risorse alle ferrovie non c'è stata alcuna reazione nota da parte dell’azienda, così come non si registrano posizioni di FS rispetto alla necessità di tutelare l'azienda da una concorrenza che gode di vantaggi competitivi che nascono dalla mancanza di regole.

Il gruppo FS non ha mai chiarito il proprio punto di vista sul sistema ferroviario nazionale, sulle azioni che intende attuare a tutela dell’azienda e degli interessi della proprietà pubblica.

I vertici non hanno mai esplicitato il proprio posizionamento rispetto alle modalità di attuazione della liberalizzazione e all’equilibrio necessario tra tutte le imprese che entrano in concorrenza.

Anche nella discussione che si svolge intorno alle ipotesi di frantumazione societaria non si è sentita pubblicamente l'opinione di FS.

Le cose sono rese più difficili a seguito della pesante invadenza della politica nei confronti del Gruppo.

Nell'azienda pubblica la politica ha sempre agito, oggi la mano si è fatta molto pesante e la capacità di autonomia dei vertici è molto ridotta.

La scarsa autonomia si vede rispetto alle scelte strategiche e, purtroppo, si vede anche nella maniera con la quale si stanno riempiendo molte caselle dei punti di direzione.

Senza esprimere giudizi sui nuovi dirigenti, si stanno introducendo, in poco tempo, troppi cambi in punti di grande rilevanza, con effetti di eccessiva discontinuità di direzione.

FS deve fare sentire la propria voce e rivendicare i necessari interventi a sostegno del trasporto ferroviario e dell'azienda pubblica.

Chiediamo di conoscere presto con quali azioni si pensa di uscire dalla crisi.

Ci aspettiamo un piano d'impresa che dia un impulso concreto alle politiche di sviluppo, che presenti, finalmente, la traduzione delle promesse in concreti progetti industriali.

I ritardi nella consegna delle nuove opere sull'infrastruttura, l'insufficienza delle risorse che riguarda anche l'attrezzatura tecnologica delle linee e dei mezzi va recuperato, il piano d'impresa non può scaricare sul lavoro le inadempienze e i ritardi.

Il lavoro vuole e può essere il fattore decisivo di un piano improntato allo sviluppo.

Si possono raccordare le ricadute delle innovazioni tecnologiche con le necessità di riorganizzazione che potranno originare dalla crescita dei volumi di attività.

Per fare queste cose occorre rivedere in profondità molti orientamenti che sembrano ormai consolidati.

Ci sono troppe domande che attendono risposta.

Nel trasporto merci si pensa di cambiare radicalmente le cose oppure assisteremo, ancora una volta, a tanti progetti che non fermeranno il gravissimo declino che va avanti da troppo tempo?

Si è cambiato anche il nome alla divisione richiamando la necessità, da noi sempre rivendicata, di occuparsi anche della logistica.

Si è disposto il trasferimento della Direzione a Milano senza neanche informare il sindacato.

Leggiamo sui giornali dei progetti della divisione che annuncia di voler dismettere i servizi di manovra, che se confermati  troveranno la ferma risposta di tutto il sindacato.

Chiediamo di sapere se esiste, invece, anche un progetto industriale in grado di rimettere in piedi un settore di straordinaria importanza, che può recuperare consistenti quote di traffico, se finalmente se ne riconosce il valore strategico per FS e per il paese.

Ci si chiede se nel trasporto passeggeri le modifiche organizzative introdotte in Trenitalia sono state attivate solo per tentare di contenere il costo del lavoro oppure possono rappresentare uno strumento utile ad accrescere i volumi e la qualità dell'offerta, raccordando meglio il trasporto a lunga percorrenza con i treni regionali.

Cosa si pensa di fare nel settore manutentivo che, nella ricerca di miglioramento della qualità e della crescita dei volumi, rappresenta una risorsa fondamentale da sostenere, aggiornare e sviluppare?

Si darà finalmente una risposta al disastro presente nel settore delle pulizie, correggendo i gravi errori commessi nelle ultime gare, che hanno avuto conseguenze pesanti sull’occupazione  e sul reddito dei lavoratori e hanno prodotto un elemento costante di protesta e di insoddisfazione della clientela dei treni?

Ci sono ipotesi di ulteriori esternalizzazioni del lavoro?

Queste e le molte altre domande che riguardano tutti i settori di attività di FS, rimangono da troppo tempo senza risposta.

Per queste ragioni non è più rinviabile il confronto sul piano, anche per capire se si è veramente deciso di arrestare il disastro in corso.

Rivendichiamo il confronto sul piano d'impresa e confermiamo l'interesse del sindacato a misurarsi con le necessità di cambiamento che possono originare da un piano indirizzato allo sviluppo e alla qualità dell'offerta.

La nostra disponibilità al confronto, la disponibilità a negoziare i cambiamenti che originano dall'innovazione tecnologica e dai piani di sviluppo non potrà avere seguito se FS non ripristina un sistema relazionale che sia almeno rispettoso del contratto.

Tutti, in questa assemblea, conoscono bene la situazione esistente in azienda: le relazioni sindacali sono interrotte da mesi a livello centrale e nel territorio.

Un disastro nel sistema relazionale che non è sicuramente occasionale: la mancata attivazione delle sedi di confronto contrattualmente previste, le diffuse violazioni contrattuali, il ricorso crescente e ingiustificato al lavoro precario, l’eccessivo ricorso a forme di esternalizzazioni di attività ferroviaria, non avvengono per caso e producono grande conflittualità.

Ormai i nuovi vertici sono insediati da un tempo sufficientemente lungo per pensare che le cose non facciano parte di una scelta mirata.

Che poi sia la scelta giusta è tutto da dimostrare.

In un'azienda che svolge un servizio complesso come quello ferroviario la via del conflitto permanente con il sindacato non sembra la scelta migliore.

Se tutto questo non avviene per caso e se, invece, come sembra evidente, la politica sindacale dei nuovi vertici è quella dello scontro e del disinteresse rispetto agli obblighi contrattuali, risponderemo in maniera adeguata.

Il confronto sul piano d’impresa si deve avviare attraverso il riconoscimento  del ruolo del lavoro e dei diritti che nascono dal contratto e dagli accordi, a partire dal ripristino della normalità nelle relazioni sindacali.

 

La sicurezza

L'insieme delle azioni che sono necessarie per superare la crisi in atto e che dovranno trovare forma compiuta nei piani industriali delle singole società dovranno dare la risposta che i ferrovieri e i cittadini si aspettano per quanto riguarda la sicurezza.

La sicurezza del trasporto ferroviario e la sicurezza sul lavoro sono la questione centrale in un sistema di trasporto ad alta complessità come quello delle ferrovie italiane.

La sicurezza sul lavoro rischia di registrare un pericoloso arretramento di carattere legislativo, in conseguenza dell'approvazione dello schema preliminare di Testo Unico da parte del Consiglio dei Ministri.  

Contro le previsioni del Governo tutto il sindacato, a partire dai livelli confederali, sta sostenendo una forte iniziativa, con l'obiettivo di respingere le ipotesi di allentamento degli obblighi per le imprese e di ridimensionamento del ruolo dei RLS previsto dal Dlgs 626/94.

Quanto sta avvenendo è la conferma di una politica del Governo che vuole ridurre diritti e tutele dei lavoratori, senza risparmiare neppure la sicurezza sul lavoro.

Per quanto riguarda la sicurezza della circolazione ferroviaria ci sono ragioni crescenti di preoccupazione.

Il disastro ferroviario di Crevalcore e gli altri incidenti gravi, sommati agli incidenti che non hanno prodotto danni rilevanti, segnalano un problema molto serio che non può essere trascurato.

Non si può più rispondere, come ha fatto FS, dopo Crevalcore, che le ferrovie italiane sono tra le più sicure in Europa.

È del tutto evidente che il dato statistico non può nascondere i problemi che si stanno manifestando.

Non si può accettare che queste cose possano accadere, bisogna analizzare con estremo rigore lo svolgimento della circolazione, nelle attuali condizioni, e qui intervenire.

Bisogna intervenire subito e correggere le cose.

Quando saranno consegnate le nuove opere infrastrutturali, quando le linee e i mezzi di trazione saranno attrezzati con le nuove tecnologie, la protezione della circolazione sarà tale da garantire un elevato livello di sicurezza.

C'è però un tempo ancora troppo lungo prima che tutto questo sia completato, le risorse sono limitate e sono state pesantemente ridotte dalle decisioni assunte dalle ultime leggi finanziarie.

Il Governo deve riparare il danno e consentire l'accelerazione degli interventi sull'infrastruttura e sulle tecnologie.

Il ministro ha annunciato che, in pochi mesi, la linea Bologna Verona sarà dotata del sistema SCMT, non dice nulla, però,  su come e quando si potranno completare le opere sul resto della rete, a risorse costanti.

Bisogna avere infrastrutture sicure, in grado di reggere il trasporto sapendo che in ogni caso bisognerà convivere per anni con una condizione di lavori sulle linee in esercizio e con molte tratte non dotate delle nuove tecnologie di sicurezza.

Questo periodo transitorio richiede la messa in atto di interventi correttivi, agendo sulle normative di circolazione e sull'organizzazione del lavoro.

È del tutto evidente che per mettere qualche treno in più, per ridurre i costi di gestione delle linee, per consentire lo svolgimento dei lavori, il sistema della circolazione è stato compresso in molti punti della rete, utilizzata al limite dei regolamenti, anche in mancanza di tecnologie.

Le esigenze di RFI di mettere in circolazione più treni, e delle società di trasporto che chiedono di ridurre gli equipaggi, producono continue modifiche regolamentari che causano confusione e l’impossibilità pratica per i ferrovieri di seguire l'evoluzione normativa.

Chiediamo a FS di trarre le conseguenze e di agire in fretta, quello che non può essere è che non si faccia nulla  considerato lo stato delle cose.

Dove non è possibile attivare soluzioni provvisorie, come il previsto sistema SCMT, prima del raddoppio della Bologna Verona, occorre fare altre cose.

Bisogna accettare il fatto che sulle linee non protette dalla tecnologia possano circolare meno treni, se questo serve alla sicurezza.

Bisogna fare in modo di recuperare, sulle linee non attrezzate, i criteri di massima sicurezza che hanno portato storicamente le ferrovie italiane nei primi posti in Europa.

Bisogna mettere i lavoratori nelle condizioni di evitare gli errori, anche attraverso la formazione continua.

E si tratta di avere sempre la possibilità che, nel caso di errore, ci sia una protezione o un intervento di ultima istanza, anche attraverso le necessarie ridondanze, che riduca fortemente la possibilità del disastro.

Nel caso di tutte le linee a binario unico, ad esempio, bisogna modificare i regolamenti di circolazione, eliminando la possibilità degli itinerari convergenti.

Questo abbasserà la capacità della linea, nelle ore di massima richiesta, ma garantisce una modalità di copertura del possibile errore, se i treni sono arrestati al segnale di protezione.

Questo ed altri interventi di modifica regolamentare sono necessari, in attesa delle tecnologie, così come possono essere accelerati i collegamenti affidabili terra-treno.

Queste cose chiediamo a FS e al ministero vigilante, e ci aspettiamo risposte in tempi brevi.

L'organizzazione del lavoro deve essere aggiornata, valutando la necessità di ripristinare alcuni presenziamenti e non forzando i tempi in assenza delle tecnologie.

La composizione degli equipaggi deve essere  rivisitata   in relazione alle tipologie di materiale, alla composizione  e al tracciato delle linee.

Tutte queste cose potranno togliere qualche treno su alcune linee, comporteranno qualche aumento di costo, ma possono rispondere all'esigenza di limitare fortemente le conseguenze dei possibili errori.

Per quanto riguarda l'attrezzatura dei mezzi di trazione, insieme all’installazione delle tecnologie che controllano la marcia del treno occorre sostituire il sistema VACMA con i moderni sistemi di controllo della presenza e della vigilanza, che non devono avere caratteristiche invasive.

Si è voluto installare, a tutti i costi, un sistema nocivo e primordiale dal punto di vista tecnologico, per poi riconoscere, tardivamente, l'errore commesso.

In ogni caso, in assenza dell'SCMT, o di altri sistemi equivalenti, i dispositivi di rilevamento della presenza e della vigilanza non possono consentire modifiche alla composizione degli equipaggi.

Le forzature di FS, che ha tentato di utilizzare il VACMA per ridurre gli equipaggi, rappresentano un pericolo per la sicurezza dell’esercizio.

Non può essere questa la strada per ridurre il costo delle tracce.

Chiediamo che Governo e FS riconoscano che la sicurezza è un problema vero che non può essere rinviato, che ci vogliono le risorse per attrezzare in fretta le linee e i mezzi e che sono necessari interventi correttivi immediati.

Abbiamo denunciato la gravità della situazione e sollecitato risposte, che ancora non sono arrivate.

Vogliamo sperare che abbiano capito, che non vogliano gestire il problema sicurezza con le mancate risposte e con i continui rinvii.

Le  cose non possono essere più come prima, i ferrovieri e i cittadini che utilizzano il treno non possono più accettare la mancanza di risposte e di azioni immediate.

Tutti gli anni, a marzo, si svolge in Italia e in tutti i paesi aderenti all’ITF, l’iniziativa internazionale sulle sicurezza  nelle ferrovie.

Quest’anno, il 7 marzo,  la mobilitazione dei ferrovieri italiani si svolgerà nell’ambito dell’iniziativa internazionale e a sostegno della vertenza nazionale sulla sicurezza del trasporto ferroviario.

La piattaforma che abbiamo presentato e che sarà varata a seguito della discussione che si avvia  oggi, contiene le proposte e le rivendicazioni del sindacato sui molti problemi aperti nel trasporto ferroviario e nel Gruppo FS.

Con lo sciopero dell'11 febbraio sosteniamo una vertenza difficile nei confronti del Governo, delle associazioni datoriali, di FS.

La sosteniamo con un grande sciopero unitario che coinvolge l’insieme dei ferrovieri.

Vogliamo fermare il degrado e siamo pronti a proseguire e intensificare la lotta, se non otteniamo risposte.

Lottiamo per gli investimenti, per lo sviluppo, per la qualità del trasporto ferroviario.

Lottiamo per la sicurezza.

Lottiamo per la tutela del lavoro e per la tutela del reddito.

Rivendichiamo il rinnovo del secondo biennio economico del contratto, scaduto il 31 dicembre 2004.

Con quest’assemblea nazionale delle RSU e delle RLS avviamo una vertenza di straordinaria importanza per il futuro del lavoro e del trasporto ferroviario.

Faremo le assemblee in tutti i posti di lavoro, ci mobiliteremo per coinvolgere gli utenti e le istituzioni.

Contiamo di farcela.

Abbiamo dalla nostra molte buone ragioni che possono allargare il consenso sulle nostre proposte e che possono trovare le giuste alleanze a partire dai cittadini che utilizzano il treno e dalle rappresentanze dei consumatori.

E contiamo anche sull'attenzione di tutti i soggetti istituzionali  interessati.

In ogni caso contiamo sull'unità di tutto il lavoro ferroviario, rappresentato in questa assemblea.

E questa unità basta per affermare  che stiamo facendo una buona partenza e che faremo tutti un buon lavoro.